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Il romanzo comincia in una stazione
ferroviaria, sbuffa una locomotiva, uno sfiatare di stantuffo copre
l’apertura del capitolo, una nuvola di fumo nasconde parte del primo
capoverso. Nell’odore di stazione passa una ventata d’odore di buffet
della stazione. C’è qualcuno che sta guardando attraverso i vetri
appannati, apre la porta a vetri del bar, tutto è nebbioso, anche dentro,
come visto da occhi di miope, oppure occhi irritati da granelli di
carbone.
Da Se una notte d’inverno un viaggiatore, cap. I
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Ormai era chiaro che i tempi dell’acqua
erano finiti, – ricordò il vecchio Qfwfq, - quelli che si decidevano a
fare il grande passo erano sempre in maggior numero, non c’era famiglia
che non avesse qualcuno dei suoi cari all’asciutto, tutti raccontavano
cose straordinarie di quel che c’era da fare in terraferma, e chiamavano
i parenti. Ormai i pesci giovani non li teneva più nessuno, sbattevano le
pinne sulle rive di fango per vedere se funzionavano da zampe, come’era
riuscito ai più dotati.
Da Le Cosmicomiche, Lo zio acquatico (incipit)
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L’operaio Arturo Massolari faceva il turno
della notte, quello che finisce alle sei. Per rincasare aveva un lungo
tragitto, che compiva in bicicletta nella bella stagione, in tram nei mesi
piovosi e invernali. Arrivava a casa tra le sei e tre quarti e le sette,
cioè alle volte un po’ prima alle volte un po’ dopo che suonasse la
sveglia della moglie, Elide.
Da
Gli amori difficili, L’avventura di due sposi (incipit)
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Pin va per i sentieri che girano intorno al
torrente, posti scoscesi dove nessuno coltiva. Ci sono strade che lui solo
conosce e che gli altri ragazzi si struggerebbero di sapere: un posto,
c’è, dove fanno il nido i ragni, e solo Pin lo sa ed è l’unico in
tutta la vallata, forse in tutta la regione: mai nessun ragazzo ha saputo
di ragni che facciano il nido, tranne Pin.
Da Il sentiero dei nidi di ragno, cap. II
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Ed era sempre in mezzo a loro a
far la morale, a ficcare il naso nei loro affari, a scandalizzarsi e a far
prediche. (…) non lo potevano soffrire. I tempi beati e licenziosi (…)
erano finiti. Con questo esile figuro (…) nerovestito, cerimonioso e
sputasentenze, nessuno poteva fare il piacere suo senz’essere
recriminato in piazza suscitando malignità e ripicche. Anche la musica, a
furia di sentirsela rimproverare come futile, lasciva e non ispirata a
buoni sentimenti, venne loro in uggia.
da Il visconte dimezzato,
verso la fine del cap. IX |
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