Presentiamo qui di seguito due documenti tratti da "La Rivoluzione Industriale" di G. L. Solvaroli Camillocci, Società Editrice Internazionale che descrivono bene le condizioni in cui si trovavano  a vivere gli operai durante l'età industriale.

Da P. Gaskell, "The manufacturing population of England", 1833

"Il tipo di vita che il metodo di lavoro delle fabbriche impone all'operaio è straordinariamente sfavorevole alla vita familiare. Dopo essersi alzato all'alba o anche prima, fra le 4 e le 5 per tutto l'anno, ristorato a malapena dal riposo notturno, egli ingoia in tutta fretta un po' di cibo, o corre in fabbrica senza aver preso nulla. (...) Il pasto viene portato in fabbrica e di solito consiste in un tè leggero e un po' di pane. Il tè, tuttavia, troppo spesso corretto con gin o altri stimolanti, può considerarsi la colazione di tutti. Quando la manodopera abita in prossimità della fabbrica gli operai fanno una scappata a casa; ma ciò accade di rado, poichè essi vengono raccolti da ogni parte, alcuni lontani altri vicini. (...) Gli operai rimangono rinchiusi in fabbrica fino alle 8/9 di sera, lavorando intensamente ed in modo continuo in una stanza affollata e a temperatura elevata cossicchè, quando vengono congedati, sono esausti sia nel fisico che nel morale. (...)  Dopo una giornata di fatiche e privazioni tutti si riuniscono del pari affaticati in un alloggio miseramente ammobiliato, sporco e squallido."

Da J.Aikin, "A desrciption of the country from 30 to 40 miles round Manchester", 1795

"L'invenzione ed il perfezionamento delle macchine, tendenti a diminuire il lavoro, hanno contribuito moltissimo ad estendere il nostro traffico ed ad attirare da ogni parte operai, principalmente fanciulli, per gli opifici di cotone. (...) Vi si adoperano fanciulli in età tenerissima. Un gran numero di essi vengono forniti dalle case di lavoro in Londra e in Westminster. Si conducono a bande, come apprendisti, a maestri lontani parecchie centinaia di miglia. (...) Per l'ordinario questi fanciulli lavorano troppo a lungo, in stanze strette e chiuse, sovente anche per tutta la notte. Vivono in un gran sudiciume e vanno soggetti a febbri epidemiche che affligono tutti i grandi opifici. (...) In generale hanno poca forza per il lavoro meccanico, ed alla fine del loro tirocinio sono poco atti ad ogni altra occupazione."

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