...leggendo
Italo Calvino... |
Quindi, l’importante era capirsi, cosa non facile tra
mori e cristiani e con le varie lingue more e cristiane in mezzo a loro;
se ti arrivava un insulto indecifrabile, che potevi farci? Ti toccava
tenertelo e magari ci restavi disonorato per la vita. Quindi a questa fase
del combattimento partecipavano gli interpreti, truppa rapida,
d’armamento leggero, montata su certi cavallucci, che giravano intorno,
coglievano a volo gli insulti e li traducevano di botto nella lingua del
destinatario. - Khar as-Sus! - Escremento di verme! - Mushrik! Sozo! Mozo!
Escalvao! Marrano! Hijo de puta! (…). da Il cavaliere inesistente, cap. IV |
Elisabetta Mercanti |
Erano
uno di fronte all’altro si guardavano e comunicavano, no la
comunicazione prescinde che ci sia anche una comprensione, si parlavano
addosso e forse era una nuova frontiera della comunicazione basata su
suoni, sguardi, gesti e solo quello. Corpi di fronte che interagivano
senza apparente senso in uno scambio di emozioni e paure forse. Ci
prendevano gusto forse capivano molto di più da questo “discorso” se
così si può chiamare che da un discorso basato su un vocabolario
forbito. Era divertente originale credevano entrambi di spingersi oltre la
soglia della comunicazione e così facevano e questa era l’unica cosa
importante. Dalla paura di una comunicazione mancata, deviata stavano
dando forma, abbattendo gli stereotipi, alla comunicazione del futuro;
creavano nuove parole e più parlavano, più si lanciavano versi addosso,
più capivano di sé e degli altri. A volte ridevano, era molto più
divertente del solito. Mano a mano che il discorso si snodava senza un
filtro, usciva dalla bocca, capivano più dell’altro e di se stessi.
Erano finite le inibizioni, le paure, i fraintendimenti gli errori
grammaticali o sintattici. Era la più totale libertà di parola, di
espressione, la nuova frontiera. Una porta aperta sul futuro e perché no
sul passato. La comprensione era velocissima forse perché in realtà non
c’era o forse perché tanto non c’era mai stata. Una lingua nuova un
nuovo mondo.. la mente andava molto più lontano delle parole nello stesso
tempo e non c’era bisogno di preoccuparsi: tutti e due facevano lo
stesso. Erano uno di fronte all’altro di fronte alla metropolitana
pensando ai labirinti che avevano nel cervello. Si erano persi ebbene sì,
ma non volevano essere salvati. |
Silvia 4 F |
Si potrebbe credere che (…),
mangiando, si chiudesse in se stessa immedesimandosi nel precorso interiore
delle sue emozioni; in realtà invece il desiderio che tutta la sua
persona esprimeva era quello di comunicarmi ciò che sentiva: di
comunicare con me attraverso i sapori, o di comunicare coi sapori
attraverso un doppio corredo di papille, il suo e il mio. |