PREMESSA

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Siamo nella seconda parte del romanzo (cap. XVII), quella in cui Silvestro arriva nella sua vecchia casa natale e incontra sua madre, Concezione. In questo capitolo, il diciassettesimo, è presentato un dialogo tra madre e figlio. La questione che anima questo discorso è il tentativo, da parte di Silvestro, di spiegare a sua madre cosa sia un “Gran Lombardo”, ovvero un uomo che aspira a ricercare altri doveri, perché non più soddisfatto di questo mondo. E’ interessante il confronto che Concezione fa tra questo “Gran Lombardo” e suo padre, il nonno di Silvestro.

 

     Parlò e parlò mia madre un pezzo del nonno, o del babbo [1] , o di altri che fosse, dell'uomo insomma, e io mi trovai a pensare che doveva essere una specie del Gran Lombardo [2] .

     Non ricordavo nulla del nonno, ricordavo solo la sua mano che mi teneva, bambino di tre anni, o di cinque, portandomi per le vie e le scalinate di quel punto suo della terra. Ma potevo pensarlo come una specie del Gran Lombardo, dico il gran capelluto del treno con la piccola barba bianca, che aveva parlato, nel treno, d'un suo cavallo e sue figlie femmine e di altri doveri.                                                                                       

     «Suppongo che fosse un Gran Lombardo» dissi.

Avevamo finito di mangiare anche il popone, e mia madre si era alzata, raccoglieva i piatti. «Che cos'è un Gran Lombardo?» disse.

     Io mi strinsi nelle spalle. Non sapevo che rispondere, invero, e dissi: «E’ un uomo…»

     «Un uomo?» disse mia madre.

E io: «Un uomo alto, grande... Non era alto il nonno?»

E mia madre: «Era alto. Si chiama Gran Lombardo un uomo ch'è alto?»

E io: «No, veramente. Non per la statura...»

E mia madre: «Perché allora pensi che fosse un Gran Lombardo?»

     E io: «Perché si! Non era biondo e con gli occhi azzurri, il nonno?»

     E mia madre: «E’ questo un Gran Lombardo? Uno che è biondo e ha gli occhi azzurri? È facile essere un Gran Lombardo!»

«Bene» dissi io. «Forse è facile, forse no...»

Mia madre si era piantata ferma dinanzi alla tavola, e aveva incrociato le braccia sotto le sue antiche mammelle, mi guardava con occhio un po' strabico, chiusa nella coperta rossa.

«È facile che uno sia biondo e abbia gli occhi azzurri» disse.

«Questo sì» dissi io. «Ma un Gran Lombardo può non essere biondo.»

Pensai a mio padre con gli occhi azzurri, non biondo, e come pensavo anche lui una specie di Gran lombardo, in Macbeth, e in tutte le sue tragedie recitate su tavole di ferrovia, per ferrovieri e cantonieri, dissi:  «Può anche essere solo con gli occhi azzurri.»

«E allora?» disse mia madre.

E io pensavo a com'era in effetti il Gran Lombardo, l'uomo del treno che aveva parlato di altri doveri [3] , e mi parve, nella nostalgia di lui, che non avesse occhi azzurri, non fosse che un uomo con molti capelli.

«Bene» dissi, «un Gran Lombardo è un gran capelluto. Aveva molti capelli il nonno?»

«Molti capelli?» disse mia madre. «No, non ne aveva molti. Aveva molta barba, bianca e bionda... Ma i capelli gli mancavano in mezzo alla testa... Non era un Gran Lombardo!»

     «Ma sì!» dissi io. «Era un Gran Lombardo lo stesso.»

E mia madre: « Come poteva esserlo se dici che un Gran Lombardo è un gran capelluto? Lui non aveva molti capelli...»

E io: «Che importano i capelli? Sono sicuro che il nonno era un Gran Lombardo... Doveva esser nato in un posto lombardo.»

«In un posto lombardo?» esclamò mia madre. «Che cos'è un posto lombardo?»

E io: «Un posto lombardo è un posto come Nicosia [4] . Sai di Nicosia?...»

E mia madre: «Ne ho sentito parlare. E’ dove fanno il pane con le nocciole sopra... Ma mio padre non era di Nicosia.»

«Ci sono molti altri posti lombardi « io dissi. C'è Sperlinga, c'è Troina... Tutti i posti del Val Demone sono posti lombardi.»

E mia madre: « Ma lui non era del Val Demone. Non era un Gran Lombardo!»

E io: «Anche fuori del Val Demone vi sono posti lombardi. Aidone non è nel Val Demone, eppure è un posto lombardo.»

E mia madre: «È un posto lombardo Aidone? Avevo un orcio di Aidone una volta. Ma lui non era di Aidone.»

«Di dov'era?» chiesi io. «Suppongo ch'era della Valle Armerina... Di queste parti... C'è un posto lombardo anche nella Valle Armerina.»

«Era di Piazza» disse mia madre. «Era nato a Piazza e poi venne qui. È un posto lombardo Piazza Armerína?»

     Un momento io rimasi zitto, pensai, e poi dissi: «No, non credo che Piazza sia un posto lombardo.»

E mia madre trionfò. «Vedi che non era un Gran Lombardo?» disse.

«E invece sono sicuro che lo era!» esclamai io. «Non poteva non esserlo!»

E mia madre: « Ma se non era di un posto lombardo!»

E io: «Che importa il posto? Anche s'era nato in Cina sono sicuro ch'era un Gran Lombardo...»

Allora mia madre rise. «Sei testardo!» disse. Perché vuoi proprio che fosse un Gran Lombardo?

E anch'io risi, un secondo. Poi dissi: «Come tu ne parli sembra che dovesse esserlo. Sembra che dovesse pensare ad altri doveri...»

Questo io dissi molto sul serio, con nostalgia del Gran Lombardo conosciuto in treno, e di uomini e uomini che fossero simili a lui, di mio padre in Macbeth [5] , e del nonno, e dell'uomo in un'immagine come lui. «Sembra che dovesse pensare ad altri doveri» dissi.

«Altri doveri?» disse mia madre.

E io: « Non diceva che questi nostri doveri di ora sono troppo vecchi? Che sono marci, morti e che non vi è soddisfazione ad adempierli?»

Mia madre era sconcertata. « Non so. Non credo» disse.

E io: «Non diceva che ci vogliono altri doveri? Dei nuovi doveri, non più i soliti?... Non diceva così?»

«Non so» disse mia madre. «Non so. Non gliel'ho sentito dire...»

Ora a me pareva che di nuovo mi fosse indifferente essere là, da mia madre, in viaggio, e non essere piuttosto nella mia vita di tutti i giorni, eppure, sempre con nostalgia del Gran Lombardo, chiesi: «Era soddisfatto di sé? Era soddisfatto di sé e del mondo, il nonno?»

Mia madre mi guardò un pezzo, sconcertata, e fu per dire qualcosa. Ma mutò pensiero e disse: «Perché no?». Poi mi guardò di nuovo, e io non le rispondevo, e mi guardò, mi guardò, e di nuovo mutò pensiero, disse: «No, in fondo non lo era».

«Ah, non lo era?» dissi io.

E mia madre: «No, del mondo non lo era».

«E di sé lo era?» dissi io. «Del mondo non era soddisfatto e di sé lo era?»

E mia madre: «Sì, credo che di sé lo era…».

«Non pensava ad altri doveri?» dissi io. «Lo era?»

E mia madre: «Perché non avrebbe dovuto esserlo? Si sentiva un re sul suo cavallo, nella cavalcata… E aveva noi tre belle figlie femmine [6] ! Perché non avrebbe dovuto esserlo?».

E io: «Bene. Forse tu non lo sai se lo era o no…».


[1] Il capitolo precedente, infatti, è centrato sulla continua confusione, da parte della mamma, che continua a scambiare il marito con suo padre. Dal confronto, ripetuto anche in seguito, emerge chiaramente la differenza di “umanità” tra le due generazioni e un’indicazione sulla caduta di valori della società presente. Una situazione simile si ha anche nel romanzo Il Sempione strizza l’occhio al Frejus.

[2] Il Gran Lombardo è un personaggio che Silvestro incontra sul treno che lo porta in Sicilia. Egli dice di venire da Nicosia, città situata nella cosiddetta Sicilia lombarda, zona abitata da uomini provenienti dal nord Italia. Ma il nome che Silvestro gli dà deriva certo da un’immagine dantesca. Il “Gran Lombardo” è termine con cui Dante nel XVII canto del Paradiso definisce un illustre e nobile personaggio (Cangrande della Scala). E’ anche probabile che Vittorini abbia tratto spunto da un altro personaggio dantesco, quel Marco Lombardo, uomo di corte saggio e valente, che è collocato nel XVI canto del Purgatorio.

[3] Pensando alla struttura della fiaba, spesso nascosta nella narrazione di Vittorini, si può pensare che il personaggio incontrato sul treno si possa identificare con l’aiutante “magico”, che aiuta il protagonista ad assolvere ai suoi compiti, donandogli un oggetto o un consiglio. In questo caso il Gran Lombardo aveva consegnato a Silvestro il consiglio di ricercare “altri doveri”.

[4] Città dove abita il Gran Lombardo incontrato sul treno.

[5] Il padre di Silvestro era solito recitare il Macbeth e altre opere nei circoli dei ferrovieri. Silvestro lo ammirava molto per questo. E’ un riferimento autobiografico di Vittorini che recupera l’immagine di suo padre, ferroviere con l'hobby della recitazione.

[6] Il nonno si sentiva un re sul suo cavallo e con le sue tre belle figlie femmine. Proprio come il Gran Lombardo incontrato sul treno (cfr. cap. VII).