PREMESSA |
Il secondo capitolo del romanzo si apre con l’arrivo a Silvestro della lettera del padre. Quest’ultima interrompe la situazione di dolore e di apatia del protagonista e fornisce il pretesto per il viaggio in Sicilia, dove Silvestro non torna da quindici anni.Il padre nella lettera mette a conoscenza i figli della decisione che ha preso di allontanarsi dalla moglie e dalla Sicilia insieme a una nuova compagna per recarsi a Venezia e finalmente realizzare i suoi sogni. Così Silvestro decide per l’onomastico della madre,rimasta ormai sola, di tornare da lei per farle personalmente gli auguri. E’ un punto cruciale e di svolta del libro che trasporta la narrazione verso il nucleo del romanzo: ”il viaggio”. Il protagonista,all’inizio ancora incapace di ricordare,sente crescere in se il richiamo nostalgico della sua terra.
Allora
giunse una lettera di mio padre
[1]
.
Riconobbi
la calligrafia sulla busta e non l'aprii subito, indugiai in quel
riconoscimento, e riconobbi che ero stato bambino, avevo pur avuto, in qualche
modo, un'infanzia
[2]
. Aprii la lettera e la lettera diceva:
Mio caro ragazzo,
tu sai e tutti voi sapete che sono stato sempre un
buon padre, e per la mamma vostra un buon marito, insomma un buon uomo, ma ora
mi è successo una cosa, e sono partito, ma voi non dovete giudicarmi male,
sono rimasto lo stesso buon uomo che ero, e per voi tutti lo stesso buon
padre, un buon amico per la mamma vostra e per di più potrò essere un buon
marito per questa, diciamo, mia moglie nuova con la quale sono partito. Figli
miei, io vi parlo senza vergogna, da uomo a uomini, e non chiedo il vostro
perdono. So di non far male a nessuno. Non a voi che siete tutti partiti prima
di me e non alla mamma vostra cui in fondo tolgo soltanto il disturbo della
mia compagnia. Con me o senza di me é lo stesso per lei che continuerà a
cantare e fischiare nella sua casa. Vado dunque senza rimpianti per la mia
nuova strada. Voi non vi preoccupate di soldi o altro. La mamma vostra non
avrà bisogno di nulla; riceverà ogni mese, per intero, la mia pensione di ex
ferroviere. Io vivrò di lezioni private, realizzando in tal modo anche un mio
vecchio sogno che vostra madre mi aveva sempre impedito di realizzare. Però
vi prego, ora che vostra madre è sola andatela qualche volta a trovare. Tu,
Silvestro, avevi quindici anni quando ci hai lasciati e d'allora, ciao, non ti
sei fatto più vedere. Perché l'otto dicembre, invece di mandarle la solita
cartolina di auguri per l'onomastico, non prendi il treno e vai giù e le fai
una visita? Ti abbraccio insieme alla tua cara moglie e ai bambini e credimi
aff.mo papà tuo,
Costantino.
Vidi
che la lettera proveniva da
Venezia, e capii che egli aveva scritto, a tutti e cinque noi figli sparsi per
il mondo, con le stesse parole precise, in circolare. Era straordinario: e
rilessi la lettera, e riconobbi mio padre, il suo volto, la sua voce, i suoi
occhi azzurri e il suo modo di fare, mi ritrovai un momento ragazzo ad
applaudirlo mentre lui recitava il Macbeth
[3]
in una sala d'aspetto d'una piccola stazione pei ferrovieri di
tutta la linea da San Cataldo a Racalmuto.
Riconobbi
lui e ch'ero stato bambino, e pensai Sicilia, montagne, in essa. Ma la memoria
non si aprì in me che per questo solo; riconoscer lui e ritrovarmi ragazzo ad
applaudirlo, lui e il suo vestito rosso in Macbeth,
la sua voce, i suoi occhi azzurri, come se lui ora stesse di nuovo
recitando su un palcoscenico chiamato Venezia e di nuovo si trattasse di
applaudirlo. Non si aprì dunque che appena per questo, e ritornò otturata
[4]
, e io fui quieto nella mia non speranza come se mai avessi avuto
quindici anni di infanzia, e di Sicilia, fichidindia, zolfo, Macbeth, nelle
montagne. Altri quindici anni erano passati dopo quelli, a mille chilometri di
là, dalla Sicilia e dall'infanzia, e avevo quasi trent'anni, ed era come se
non avessi avuto nulla, né i primi quindici, né i secondi, come se non
avessi mangiato mai pane, e non mi fossi arricchito di cose e cose, sapori,
sensi, in tanto tempo, come se non fossi stato mai vivo, e fossi vuoto, questo
ero, come se fossi vuoto, pensando il genere umano perduto, e quieto nella non
speranza.
Non avevo più voglia di
guardare la mia ragazza in faccia, sfogliavo il dizionario mio unico libro che
ormai fossi capace di leggere, e cominciai a sentire in me un lamento come un
piffero che suonasse lamentoso. Andavo al lavoro tutte le mattine, per il mio
mestiere di tipografo‑linotipista
[5]
, facevo sette ore di linotype al giorno, al calor grasso del
piombo, sotto la visiera che mi difendeva gli occhi, e un piffero suonava in
me e smuoveva in me topi e topi che non erano precisamente ricordi.
[6]
Non erano che topi, scuri,
informi, trecentosessantacinque e trecentosessantacinque, topi scuri dei miei
anni, ma solo dei miei anni in Sicilia, nelle montagne, e li sentivo smuoversi
in me, topi e topi fino a quindici volte trecentosessantacinque
[7]
, e il piffero suonava in me, e cosí mi venne una scura nostalgia
come di riavere in me la mia infanzia. Ripresi e rilessi la lettera di mio
padre e guardai il calendario; era il sei dicembre; avrei dovuto scrivere per
l'otto la solita cartolina di auguri a mia madre, sarei stato inqualificabile
a dimenticarmene ora che mia madre era sola nella sua casa.
E scrissi la cartolina di
auguri, me la misi in tasca, era sabato di fine quindicina e riscossi il mio
salario. Andai alla stazione per impostare, passai davanti all'atrio, era
pieno di luce, e fuori pioveva, l'acqua mi entrava nelle scarpe. Salii nella
luce le scale dell'atrio, per me era lo stesso continuare sotto la pioggia
verso casa o salire quelle scale, e cosí salii nella luce
[8]
, vidi due manifesti. Uno era di un giornale, squillante per nuovi
massacri, l'altro era della Cit
[9]
: Visitate la Sicilia,
cinquanta per cento di riduzione da dicembre a giugno, 250 lire per Siracusa,
andata e ritorno, terza classe.
Mi trovai allora un momento come
davanti a due strade, l'una rivolta a rincasare, nell'astrazione di quelle
folle massacrate, e sempre nella quiete, nella non speranza, l'altra rivolta
alla Sicilia, alle montagne, nel lamento del mio piffero interno, e in
qualcosa che poteva anche non essere una cosí scura quiete e una cosí sorda
non speranza. Mi era lo stesso tuttavia prendere l'una o l'altra, il genere
umano era lo stesso perduto, e seppi di un treno che partiva per il Sud alle
sette, da lí a dieci minuti.
Suonava
acuto in me il piffero e mi era lo stesso partire o non partire, chiesi un
biglietto, lire duecentocinquanta, e mi restarono, del salario quindicinale
appena riscosso, altre cento lire in tasca. Entrai nella stazione, tra i lumi,
tra le alte locomotive e i facchini urlanti e cominciò un lungo viaggio
notturno che per me era lo stesso di essere in casa, al mio tavolo sfogliando
il dizionario o a letto con la mia moglie‑ragazza.
[10]
[1] Il capitolo si apre “ex-abrupto” per sottolineare il cambiamento e la grande svolta che segna l’arrivo della lettera del padre.
[2] La sola calligrafia del padre fa tornare alla mente del protagonista le sue origini.
[3] Il padre Costantino amava recitare davanti ai ferrovieri in Macbeth.Il protagonista ricorda ammirato la figura di suo padre in questa situazione. Riferimento autobiografico di Vittorini, il cui padre ferroviere aveva svolto il servizio in numerose stazioni di paesi siciliani attorno a Siracusa, come quelli ricordati di seguito.
[4] Il protagonista fatica ad accettare il cambiamento e la novità del ricordo.
[5] Addetto alla macchina tipografica per la composizione delle linee di caratteri che servono a formare i testi per la stampa.
[6] Momento di introspezione del protagonista. Quest’ultimo sente dentro di sè come il suono di uno strumento musicale che smuove una serie di ricordi-sentimenti dolorosi e fastidiosi, che vengono paragonati a dei topi scuri e senza forma. Silvestro sembra quasi aver dimenticato totalmente o aver perso nella confusione i suoi quindici anni d’infanzia vissuti in Sicilia.
[7] Il conto di questi “topi” si riferisce ad ogni singolo giorno che egli ha trascorso nell’isola del mediterraneo.
[8] La luce è vista come indicazione della strada giusta da seguire in antitesi alla pioggia e all’oscurità.
[9] Compagnia Italiana Turismo.
[10] Il protagonista crede il genere umano perduto comunque, nonostante egli abbia appena incominciato un viaggio alla ricerca di “nuovi doveri”.Questo passo mostra la forte insofferenza di Silvestro, difficile da cancellare.