PREMESSA |
E’ il famoso incipit
del saggio introduttivo di Americana, dove
Vittorini delinea la sua “faziosa” lettura dei caratteri della letteratura
americana.
Anche
in una storia della letteratura americana la prima parola che ci venga in
mente, e si fermi davanti a noi, e ci fermi, è quella stessa della terra.
Come, pressappoco, se si trattasse di storia politica. E di più forse.
Perché mentre una storia politica non ha in sé, di solito, la storia della
letteratura, una storia della letteratura ha sempre in sé la storia politica,
è quella, questa, tutte insieme le storie, é, insomma, la storia per
eccellenza dell'uomo nell'una o nell'altra cornice prescelta di spazio e di
tempo. Dunque è America che diciamo. Lo diciamo, e pensiamo sull'Atlante
l'immensità dei popolati colori, le pianure, le montagne, le nevi eccelse
sulle montagne, e su, nel nord, i ghiacci marini, e i chilometri delle coste
in faccia ai due oceani con quei due grandi nomi, Atlantico, Pacifico, e in
ciò l'antico iddio, il deserto, e le vie d'acqua, le vie di ferro, le vie
d'asfalto, le case, le case, le case.
Molto
significato ha oggi per noi la parola: di detto e di fatto; ma al principio
era semplicemente terra, l'uomo scopriva solo dell'altro spazio. Allo stesso
modo che nel sud gli spagnuoli e i discendenti loro fino ad oggi, cosí
francesi e anglosassoni (e anche olandesi, anche tedeschi con essi) poco o
nulla, vivendo due secoli nel settentrione, aggiungevano di nuovo alla
coscienza dell'uomo. Abbatterono alberi, costruirono fortilizi di legno,
coltivarono la terra, riassaporarono il gusto perduto della grande caccia, e
crebbero, si moltiplicarono. Sembra che i Padri Pellegrini
[1]
fossero venuti dall'Europa pieni di delusioni e stanchezza: per
finire, non per cominciare. Delusi del mondo non volevano più il mondo; solo
astratti furori li, agitavano, l'idea della grazia, l'idea del peccato, i
pregiudizi feroci del dualismo calvinista
[2]
. E non avevano piú.la forza di affermarli nelle vecchie città
delle lotte religiose; fuggivano come se non vi, credessero, come se vi
rinunciassero. Ma lí, su quelle coste coperte di alberi dal legno duro, era
di nuovo il mondo: lo videro e furono di nuovo nel mondo, accettando, poi
anche ringraziando, e dalla stanchezza passarono via via alla baldanza, alla
fede.
Trovarono
in America la necessaria ferocia per praticare quei pregiudizi feroci; essere,
in qualche modo, vivi. Nulla dissero di nuovo, nulla aggiunsero alla coscienza
dell'uomo, non scoprirono nulla per lo spirito umano: vivevano solo di quei
pregiudizi, i colonizzatori; eppure, scrivendone per sostenerli o combatterli,
erano già una voce nuova. Se leggiamo Cotton Mather, pubblico accusatore di
«streghe» ed «eretici», o The Bloudy
Tenent of Persecution dell'illuminato Roger Williams che con tanto
fanatismo lottò contro il fanatismo, o il sermone selvaggio Sinners in the Hands of an Angry God del famoso predicatore Jonathan
Edwards, sentiamo come la voce sia diversa da quella borghigiana
[3]
che aveva espresso o che ancora esprimeva gli stessi concetti in
Europa. Qui c’è, continuo, il ruggito dell’iperbole. E’ una voce che
ruggisce. E sarà questo pur sempre, una voce ruggente, che indicherà gli
sviluppi interiori dell’uomo in America.
[1] Tradizionale appellativo con cui sono ricordati i circa 100 dissidenti della Chiesa d’Inghilterra che nel settembre del 1620, a bordo della nave Mayflower, salparono dal porto inglese di Plymouth e andarono a fondare la prima colonia che darà vita agli Stati Uniti.
[2] Il calvinismo, svilupattosi all’interno della riforma protestante da G. Calvino, fonda tutta la sua dottrina sulla doppia predestinazione, secondo cui Dio fin dall’eternità predestina alcuni uomini alla salvezza e altri alla dannazione.
[3] Cioè “di piccolo borgo”, di provincia, diremmo noi.