PREMESSA |
Il brano è tratto dalla sezione La
nuova leggenda, in cui Vittorini
inserisce i testi di Caldwell, di Saroyan, di Fante. Per Saroyan, cui è
dedicato il brano, Vittorini ebbe un particolare interesse, dimostrato dal
fatto che di lui tradusse e pubblicò anche i racconti, cui diede il titolo complessivo Che ve ne sembra dell’America? (Mondadori,
1940).
Costituita
di brevi composizioni che solo nei casi meno ispirati si possono chiamare
racconti, l'opera di Saroyan segna per l'appunto il momento decisivo del
passaggio al nuovo regime di leggenda. C'è in Saroyan una esaltazione fisica
verso la terra e la lingua possedute; inoltre, autobiograficamente orientata,
una felice concezione atomica del mondo per la quale, incapace di credere, e
con aria beffarda, in ogni presunta legge a priori della realtà, della
psicologia o della sintassi egli crede con slancio nella vita come serie di
prodigi. L'America, in questa leggenda, è una specie di nuovo Oriente
favoloso, e l'uomo vi appare di volta in volta sotto il segno di una squisita
particolarità, filippino o cinese o slavo o curdo, per essere sostanzialmente
sempre lo stesso: «io» lirico, protagonista della creazione. Quello che
nella, vecchia leggenda era il figlio dell'Ovest, e veniva indicato come
simbolo di uomo nuovo, è ora il figlio della terra. E l'America non è piú
America, non piú un mondo nuovo: è tutta la terra. Ma le particolarità vi
giungono da ogni parte, e vi sì incontrano: aromi della terra; la vita vi si
afferma coi gesti piú semplici, e senza mai sottintesi politici,
intrepidamente accettata anche nella disperazione e la morte.