FUNZIONAMENTO DELLA MACCHINA A VAPORE

Le prime macchine a vapore apparvero nel secolo XVIII, ma il loro rendimento era assai basso: appena da 2 a 4 parti di calore su 100 venivano trasformate in lavoro, il resto andava perduto. Dopo circa due secoli di continue migliorie tecniche le moderne turbine possono raggiungere un alto rendimento, trasformando in lavoro il 45% del calore che gli viene fornito.

Le parti componenti e il funzionamento di una motrice a vapore alternativa sono i seguenti: nel focolare brucia del carbone e il calore sviluppato, insieme ai fumi della combustione, passa nei tubi della caldaia circondati da acqua. Quest’ultima si riscalda e si trasforma parzialmente in vapore che si raccoglie nella parte superiore della caldaia.

Attraverso la valvola di emissione, che si apre al momento opportuno, una certa quantità di vapore in pressione entra nel cilindro motore e spinge lo stantuffo. Successivamente la valvola si chiude mentre continua il movimento dello stantuffo, provocando il raffreddamento del vapore. Quando lo stantuffo ritorna indietro, la valvola di scarico si apre e il vapore passa al condensatore dove ritorna liquido per effetto del raffreddamento provocato dalla circolazione di acqua esterna. Attraverso una pompa di alimentazione l’acqua che ne risulta affluisce di nuovo nella caldaia in pressione, dalla quale riprende il ciclo descritto. Il moto alternativo dello stantuffo è trasformato in moto rotatorio dalla ruota attraverso la biella.

Il fisico francese Carnot (1796 – 1832) ha dimostrato che, se la temperatura dei due serbatoi (ad esempio, caldaia e condensatore) sono T1 e T2, il massimo rendimento è dato da T1-(T2/T1) = 1- (T2/T1). Da questa formula risulta che per elevare il rendimento occorre una pare T2/T1 piccola, che si ottiene elevando T1 e abbassando T2. Elevare T1 significa usare temperature alte: nelle temperature a vapore la temperatura dei vapori surriscaldati raggiunge i 600° C; nei motori a scoppio si arriva a 1500° C per la miscela aria – combustibile.

 

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