Pasolini e l'intellettuale

"Da cosa è stata caratterizzata tutta questa mia produzione, in maniera assolutamente schematica e semplicistica? È stata caratterizzata prima di tutto da un mio istintivo e profondo odio contro lo stato in cui vivo. Dico proprio "stato": E intendo dire "stato di cose" e "Stato" nel senso proprio politico della parola. Lo stato capitalistico piccolo-borghese che io ho cominciato a odiare fin dall'infanzia. Naturalmente con l'odio non si può nulla... Infatti non son riuscito a scrivere mai una sola parola che descrivesse, si occupasse o denunciasse il tipo umano piccolo-borghese italiano. Il senso di repulsione è così forte che non riesco a scriverne. Quindi ho scritto nei miei romanzi soltanto di personaggi appartenenti al popolo. Io vivo cioè senza rapporti con la piccola borghesia italiana. Ho rapporti o con il popolo o con gli intellettuali. La piccola borghesia sì però è riuscita ad avere rapporti con me. E li ha avuti attraverso i mezzi che ha in mano ossia la magistratura e la polizia. E ha intentato una serie di processi alla mia opera."

L'intellettuale del dopoguerra

Nella cultura italiana gli scrittori intellettuali sono coloro che usano l’intelletto per interpretare gli avvenimenti che accadono nel mondo scrivendo le loro opere ragionando sulla società contemporanea. Alcuni scrittori intellettuali del dopoguerra sono: Pasolini, Italo Calvino, Volponi, Sereni. Questi scrittori sono coinvolti in prima persona nella seconda guerra mondiale. Scrivono subito dopo la fine della guerra (soprattutto nel 46-47-48) esprimendo la loro felicità per un ritorno alla normalità della vita. Questo è il tema del dopoguerra: pace e allegria. Gli autori di questo tempo hanno una istruzione liceale ed entrano a contatto con nuove scienze: antropologia, sociologia e studio della politica. Questi autori si rendono conto che possono rimanere scrittori che seguono la tradizione(in pochi) oppure possono essere scrittori in un senso nuovo e cioè che prendono come esempio la realtà contemporanea. Emergono così i nuovi aspetti(che possiamo riscontrare tramite messaggi nei film di Pasolini) che sono: fine della tradizione e rapporto col mondo contadino.

Pasolini

Per Pasolini l'attività intellettuale limitativa rivolta al mondo dei poveri viene fuori successivamente negli anni '50, i più prolifici.Pasolini si trova in antitesi alla trasformazione dell’Italia (epoca del Boom economico). E afferma che questa trasformazione è forzata e che tutti vogliono adeguarsi a questo modello di vita: c’è un desiderio di omologazione ovvero un desiderio di comportarsi nello stesso modo degli altri attraverso,per esempio,la moda e la televisione Questo comporta una voglia di arricchirsi sempre maggiore. Nel 62 ca. Pasolini comincia a scrivere articoli sui giornali in risposta alle domande poste dai lettori(persone comuni), anche se queste domande possono apparire stupide. Fare l’intellettuale significa dare risposte alla gente comune, dire la verità (su di lui e sugli altri) e prendere delle posizioni. Un’intellettuale ha una funzione polemica contro la realtà (prende delle posizioni difficili e scomode). E proprio grazie a queste posizioni scomode Pasolini viene contestato e riesce a creare una sorta di polemica che darà evidenza al fatto di cui si parla.Lui viene criticato perché dice la verità e chi lo critica è consapevole di questo.

Eppure Pasolini stesso per molti altri è ancora oggi un Modello, se non un Mito. E la sua parabola culturale investe in pieno la funzione, il ruolo, il compito dell’intellettuale nella società moderna. Non c’è stato punto dove Pasolini non si sia speso con il suo piglio polemico. E si è speso in pieno, senza sconti, gettando propriamente “il suo corpo nella lotta”. Finché il suo corpo non è rimasto sul terreno. A questo proposito ci viene in aiuto una frase di Jean-Paul Sartre: «l’intellettuale è colui che si occupa di ciò che non lo riguarda. Non è uno specialista, che difende affari di clan o di partito, e neanche un tuttologo che si improvvisa esperto in ogni campo, ma è un eterno apprendista e come tutti gli eterni apprendisti deraglia da una disciplina all’altra, rischia molto spesso di prendere delle cantonate, ma altrettanto spesso rischia di vedere cose che sfuggono agli specialisti». E Pasolini qui rientra in pieno, con il suo pensiero contraddittorio, ossimorico, eppure in cui si intravede il filo di un discorso lucido, adamantino, morale nella sua estrema libertà. Si è occupato di tutto, anche di ciò che non gli competeva; Adriano Sofri scrisse che è stato un grande dilettante, ma sempre con l’aria di chi sapeva accorgersi delle nudità del re. Sapeva far coesistere in sé De Sade, Rimbaud e San Francesco, Freud e Cristo, Marx e Sofocle, e molti altri esponenti di quelli che possiamo definire contro-poteri, alternativi alla cultura liberista borghese. Rifuggendo i facili manicheismi ma anche le mezze misure, e piazzandosi in una posizione assolutamente “estranea” a qualsiasi compagine persino anarchica, ma ancora oggi così ricca di potere conoscitivo.

Omologazione e "Boom economico"

Società dei consumi e omologazione
Il progressivo affermarsi in Italia di comportamenti e valori tipici della civiltà dei consumi è stato esaminato da Pasolini a metà degli anni Settanta, con appassionata attenzione in una serie di interventi giornalistici che per la radicalità di certi giudizi hanno suscitato vivaci e frequenti polemiche. Pasolini vede nella spirale dei consumi basata su bisogni artificiosamente creati, nello "sviluppo" mitizzato dalla società contemporanea, un meccanismo che stritola culture e valori differenziati da secoli e rende gli esseri umani identici e interscambiabili in un processo di omologazione. Via via che egli le formulava sulla stampa, le tesi di Pasolini hanno suscitato accesi dibattiti, e certamente sono per molti aspetti discutibili. È certo comunque che, al di là di certe volute paradossalità o delle strumentalizzazioni in senso reazionario alle quali talora si prestano, scritti di questo genere hanno avuto un merito: quello di far riflettere sulle contraddizioni della società in cui viviamo e sull'alto prezzo, in termini di valori umani, che comporta il mitizzato "sviluppo".

La Tv Per Pasolini, Strumento Di Omologazione

“Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi.Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è tale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la “tolleranza” della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d’informazioni. Le strade, la motorizzazione ecc. hanno oramai strettamente unito la periferia al Centro, abolendo ogni distanza materiale. Ma la rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè - come dicevo - i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente privo di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane. L’antecedente ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione: e il cattolicesimo, infatti, era formalmente l’unico fenomeno culturale che “omologava” gli italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno culturale “omologatore” che è l’edonismo di massa: e, come concorrente, il nuovo potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo. Non c’è infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due persone che avvalorano la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina). Gli italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della Produzione creatrice di benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). Lo hanno accettato: ma sono davvero in grado di realizzarlo? No. O lo realizzano materialmente solo in parte, diventandone la caricatura, o non riescono a realizzarlo che in misura così minima da diventarne vittime. Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono ormai stati d’animo collettivi. Per esempio, i sottoproletari, fino a pochi anni fa, rispettavano la cultura e non si vergognavano della propria ignoranza. Anzi, erano fieri del proprio modello popolare di analfabeti in possesso però del mistero della realtà. Guardavano con un certo disprezzo spavaldo i “figli di papà”, i piccoli borghesi, da cui si dissociavano, anche quando erano costretti a servirli. Adesso, al contrario, essi cominciano a vergognarsi della propria ignoranza: hanno abiurato dal proprio modello culturale (i giovanissimi non lo ricordano neanche più, l’hanno completamente perduto), e il nuovo modello che cercano di imitare non prevede l’analfabetismo e la rozzezza. I ragazzi sottoproletari - umiliati - cancellano nella loro carta d’identità il termine del loro mestiere, per sostituirlo con la qualifica di “studente”. Naturalmente, da quando hanno cominciato a vergognarsi della loro ignoranza, hanno cominciato anche a disprezzare la cultura (caratteristica piccolo borghese, che essi hanno subito acquisito per mimesi). Nel tempo stesso, il ragazzo piccolo borghese, nell’adeguarsi al modello “televisivo” - che, essendo la sua stessa classe a creare e a volere, gli è sostanzialmente naturale - diviene stranamente rozzo e infelice. Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi producono, essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio “uomo” che è ancora in loro di svilupparsi. Da ciò deriva in essi una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali. La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto "mezzo tecnico", ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, buttata per sempre”.

Pier Paolo Pasolini



http://www.filosofico.net/socspettdebord.htm


http://www.scudit.net/mdpasolini.htm


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