Formazione letteraria di Pasolini

La formazione

Pasolini trascorreva le estati a Casarsa, nel Friuli, luogo d'origine della madre; e là si era rifugiato dopo l'8 settembre 1943, per sottrarsi alla chiamata di leva.Questi sono gli anni in cui Pasolini comincia a pubblicare i sui primi articoli e a scrivere le sue prime poesie importanti, Poesie a Casarsa (1942),raccolte poi in dialetto friulano nel libro La meglio gioventù (1958). Pasolini , rimasto colpito dalla vita di campagna, vive per 7-8 anni in una realtà e in contesto completamente differente da quello a cui è abituato.Egli è l’unico scrittore che vive tra il ’42 e il ’50 in una realtà diversa da quella da cui proveniva. Come tutti gli scrittori italiani, anche Pasolini si forma con una studio di tipo umanistico dei classici, che dà allo scrittore una base su cui costruire il proprio pensiero. Nel 1949 lascia il Friuli e fugge a Roma a causa della scoperta della sua omossessualità,cosa che lo obbliga a smettere di insegnare e a lasciare il partito comunista cui apparteneva. Pasolini ha in questo periodo un rapporto particolarmente intenso con il mondo delle borgate romane, con la periferia della città di Roma, ma non per motivi letterari, ma perché, arrivato a Roma quasi fuggendo, non si poteva permettere una abitazione al centro, Vivrà a Pietralata, Rebibbia, Tiburtino; conoscerà a fondo questi quartieri e farà lì le sue prime amicizie romane, in particolare con un giovane che poi diventerà molto importante nella formazione intellettuale di Pasolini, un giovane di borgata: Sergio Citti. Però Roma per Pasolini è anche la Roma letteraria, la Roma del mondo della cultura, sia pure per lui sconosciuto. Sconosciuto non è forse il termine esatto, perché quando era uscito "La meglio gioventù" Pasolini era ancora a Casarsa, aveva avuto recensioni entusiastiche, in particolare quella di Gianfranco Contini, grande della critica letteraria. Nelle borgate Pasolini riscontra i valori friulani ed è convinto che in questo mondo ci sono dei valori che la borghesia ha perso;per lui i concetti di “bene” e “male” sono più definiti nelle borgate che nella borghesia. In breve Pasolini diventa amico di Moravia, Elsa Morante, Attilio Bertolucci e altri ancora. In quegli anni cominciò a prendere forma il suo disegno artistico-letterario e, nel 1955, uscì da Garzanti il suo primo romanzo, "Ragazzi di vita" che ottiene un vasto successo, sia di critica che di lettori. Il giudizio della cultura ufficiale della sinistra, e in particolare del PCI, è però in gran parte negativo. Il libro viene definito intriso di "gusto morboso, dello sporco, dell'abbietto, dello scomposto, del torbido.."

Ragazzi di vita

Questo romanzo è ambientato nella Roma dei primi anni '50, durante la ricostruzione postbellica.La realtà della povera gente che vive ammassata e stipata come animali in fatiscenti edifici pericolanti è contrapposta all'immagine descritta dall'autore dei ricchi mercati, la spacconeria e la spavalderia dei giovani che nutrono la speranza in un domani migliore , si scontra con la rassegnazione spesso tradotta in rabbia degli adulti e in oltre spesso l'autore fa risaltare il fatto che ognuno dietro alla maschera dura necessaria per non sentirsi inferiore a nessuno, anzi superiore, celi in realtà difficoltà comuni a tutti e tanti piccoli problemi personali (le frustate vere o presunte di Amerigo, la violenza del padre di Genesio, la morte dei genitori del Riccetto, ecc…). Il romanzo, di tipo corale, non ha un vero e proprio protagonista, anche se emerge la figura del Riccetto, uno dei tanti "pischelli" del sottoproletariato cittadino; questa figura probabilmente è messa in risalto da Pasolini solamente per dare alla storia un punto fermo da cui dipartirsi, andando poi a coinvolgere una miriade di altri "Riccetti" che di volta in volta, di capitolo in capitolo, assumono una diversa rilevanza e vengono analizzati e caratterizzati in modo differente, più o meno particolareggiato, dal narratore esterno dietro cui si cela l'autore. L'unica vera protagonista di "Ragazzi di vita" è la borgata romana, la periferia della capitale dentro e attorno alla quale si snodano tutte le piccole e grandi vicende dei giovani borgatari che vivono alla giornata, senza pensare al domani, immersi nella loro povertà, vissuta comunque con orgoglio, senza rassegnazione, e con la speranza imperitura di "azzeccare il colpo giusto" grazie sia alle capacità superiori a quelle degli altri che ognuno crede di avere. Uno dei sentimenti più importanti è l'amicizia, vista come solidarietà tra simili. Nel testo Pasolini non si sofferma ad analizzare i pensieri e i sentimenti dei personaggi, ma in genere tende a descrivere dettagliatamente le loro azioni. A questo discorso si può forse legare il fatto che questi pischelli siano sboccati e volgari, violenti e usino sempre un tono di voce molto alto, quasi come fanno i neonati, sì a causa della loro ignoranza, ma forse anche per distogliere la propria attenzione da un'analisi interiore di se stessi, e per chiedere inconsciamente aiuto ad un ipotetico qualcuno che sia disposto ad abbandonare le proprie difficoltà e i propri problemi quotidiani per decidersi ad ascoltarli veramente e ad occuparsi anche della loro solitudine interiore. Uno dei passaggi più importanti è quello che riguarda l'annegamento del giovane Genesio, che stava cercando di attraversare a nuoto il fiume per dimostrare la propria virilità agli altri, a cui Riccetto ha assistito senza poter ma forse neanche voler intervenire, mentre tempo addietro non aveva esitato a gettarsi in acqua per salvare una rondinella che stava per morire annegata. Dal punto di vista stilistico si può apprezzare la mimesi che Pasolini costruisce in tutto il romanzo, riproducendo in una fedele forma dialettale i dialoghi (tra diversi personaggi, ma anche interiori), che aiutano così il lettore ad entrare nell'atmosfera che egli ci vuole rappresentare.

Ragazzi di vita

Una lingua sperimentale

In un intervento di poco posteriore a Ragazzi di vita, Pasolini teorizzava la necessità, per lo scrittore che volesse lasciar "parlare le cose", di attuare una operazione regressivo-mimetica, il che vuol dire sostanzialmente abdicare alla propria identità socio-culturale e linguistica di autore colto per lasciar posto alla voce diretta del parlante (popolare). Da qui la massiccia introduzione in Ragazzi di vita del dialetto, o meglio del gergo (scelta linguistica che, nel caso di Pasolini presuppone sul piano ideologico una completa immedesimazione nel popolo). Il gergo delle borgate (ricostruito con filologica precisione) regna incontrastato nei dialoghi, ed è modulato sull'insulto gridato e sul turpiloquio con un'insistenza che rischia di creare monotonia: alla sola p. 22 ad esempio la locuzione gergale «li mortacci...» è ripetuta ben sei volte. Nella voce narrante invece (che racconta le vicende e che arricchisce via via di notazioni psicologiche gli scarni dialoghi), l'autore impiega una contaminazione dialetto-lingua che conosce diversi esiti, da un massimo ad un minimo di vicinanza-regressione alla mentalità-linguaggio dei "ragazzi di vita". In genere l'organizzazione sintattica è in lingua, con imprestiti lessicali dal dialetto-gergo, ma non sempre la contaminazione convince, mettendo a nudo la difficile convivenza di autore "regredito" e autore "colto". Nelle descrizioni paesaggistiche, infine, l'autore opta sovente per un registro linguistico alto, in cui il lirismo, la densità metaforica del lessico, la stessa sintassi (in genere ipotattica), si collocano agli antipodi della mimesi gergale.

Borgate Romane

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http://www.riflessioni.it/enciclopedia/pasolini.htm


http://it.wikipedia.org/wiki/Borgate_ufficiali_di_Roma


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