Edipo Re (1967)

Locandina di Edipo Re

La tragedia “Edipo re” di Sofocle è una delle tragedie greche riprese da Pasolini per girare un film. Tra la rappresentazione cinematografica e quella teatrale di Sofocle vi sono molte diversità che si riscontrano maggiormente nella parte iniziale e in quella finale della pellicola. Infatti nella prima parte, che si può considerare fortemente autobiografica,Pasolini cala il contesto nell'Italia degli Anni Venti.(periodo nel quale è nato Pasolini). I genitori del film facevano lo stesso lavoro di quelli di Pasolini, erano infatti un ufficiale dell'esercito e una maestra delle elementari.

Il regista conclude il film con una scena dove, oltre a riprendere un paesaggio che torna dall'inizio del film (un prato in campagna,nei pressi di una cascina), rappresenta l'Italia degli Anni Sessanta, sottolineando il contesto sociale del proletariato contrapposto al boom economico. Una delle ambientazioni è infatti una fabbrica,un'industria, fortemente rappresentativa della classe operaia.

Il film è completamente attraversato da una visione pessimistica della vita, in quanto Pasolini la considera sofferenza. La stessa grande fortuna di Edipo, figlio dei sovrani di Corinto, prescelto alla guida della città, colui che sconfiggendo la Sfinge diventerà un dei più amati re di Tebe, è la stessa che lo porterà alla distruzione, alla rovina completa.
Il messaggio dell'Edipo Re si rivela pertanto duplice e può essere riassunto in due aforismi: “Conosci te stesso” e “Sapere è soffrire”.Il primo invita e spinge l'uomo a conoscere se stesso; la conoscenza di se stessi viene intesa anche come la conoscenza e l'accettazione della propria debolezza: è questo che determina la grandezza dell'uomo. Il secondo aforisma sottolinea il dolore che spesso è generato dal raggiungimento di ciò di cui si era in cerca.

Il tema dell'incesto rappresenta il motivo conduttore del film, in particolar modo nella forma dell'equivalenza tra eros e maternità. L'incesto è, nel film di Pasolini, pienamente consapevole, se non altro perché dietro alla volontà degli altri che spingono al matrimonio, esiste una sottaciuta volontà di Giocasta e Edipo stessi. Come traspare dall'intera opera, l'interpretazione pasoliniana del mito edipico è essenzialmente psicanalitica: ad esempio è possibile leggere nella scena del dialogo tra Edipo e Tiresia una gigantesca resistenza che si articola nel rifiuto di verità già note. In ogni caso come egli stesso sostiene, Tiresia ha parlato anche troppo, per cui Edipo non può non aver percepito la sua colpa; questa coscienza, vera o presunta che sia, rende agli occhi dello spettatore pienamente colpevole la scena amorosa che segue. Suggestioni d'amore si rincorrono lungo tutto il resto del film, tanto che alla fine del racconto un abbraccio violento finisce con l'apostrofe maledetta: "madre!". Anche in un altro caso il film si stacca vistosamente dall'originale di Sofocle per sostenere una interpretazione di tipo freudiano: la tranquillizzazione di Giocasta che dice al figlio che molti si sono uniti in sogno con la madre viene anticipata nel film fino a precedere il racconto di Edipo, diventando in questo modo una scandalosa avance.
Da ultimo, Pasolini costruisce l'erotizzazione del suicidio di Giocasta e dell'accecamento di suo figlio. In queste sequenze filmiche si assiste alla fusione di eros e thanatos, attraverso una aggressività che ipocritamente utilizza l'alibi della volontà di salvare la suicida. Oltretutto Pasolini assegna alla spilla che serve all'accecamento un importante ruolo figurale, già intuito da altri commentatori: Edipo si acceca proprio con ciò che è il simbolo dell'intimità segreta e vergognosa tra lui e la madre.

Il parricidio, nel film di Pasolini, assume una consistenza particolare in quanto il regista intende sottolineare come esso rappresenti per Edipo una azione consapevole, da cui deriva una sorta di autocompiacimento libidico: è ovvio che Edipo non sa che l'uomo che sta per uccidere è suo padre, ma riconosce in lui quel tipo di autorità paterna che non riesce a sopportare. Si è poi osservato che, in relazione ai temi di un certo tipo di freudismo volgarizzato che mira a distruggere una immagine idilliaca dei rapporti familiari, il film di Pasolini presenta una vera e propria faziosità a favore del figlio: non è tanto quest'ultimo a desiderare la morte del padre, quanto il genitore a temere l'avvento del figlio e a provare ostilità nei suoi confronti:
Eccolo questo qui, il figlio che un po' alla volta prenderà il tuo posto nel mondo (...) La prima cosa che ti ruberà sarà la tua sposa (...) E lei, già, lo sai, lo ricambia, ti tradisce.
Sono queste le parole emblematiche che il padre rivolge al figlio all'inizio del film mediante didascalie; pochi minuti dopo, lo si vede stringere le caviglie del piccolo, come per imprimergli la medesima menomazione fisica che Edipo, protagonista della scena successiva, porta su di sè.

Bibliografia

http://www.liceovoltacomo.it/ipertesti/edipo/edipore.htm
Sofocle,"Edipo Re". A cura di F. Rella, traduzione di L.Correale, Feltrinelli (1991).

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