Il Conflitto tra i Comuni e l'impero

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Sacro Romano Impero

Entità politica dell'Europa occidentale sorta nell'800 e dissoltasi nel 1806. Continuatore dell'eredità culturale e politico-istituzionale dell'impero romano d'Occidente, del quale assunse il nome nell'XI secolo, il Sacro Romano Impero riassunse nel nome, istituzionalizzato a partire dal XII secolo, la propria missione universale religiosa e politica. Sebbene i confini abbiano subito grandi trasformazioni nel corso della sua millenaria storia, cuore dell'impero fu sempre la regione tedesca. A partire dal X secolo furono sempre i re di Germania, nominati dai grandi elettori locali, a essere incoronati imperatori dai papi di Roma.

Il Sacro Romano Impero rappresentò un tentativo di ricostituire l'impero romano d'Occidente, la cui struttura giuridica e politica si era deteriorata nel corso dei secoli V e VI, favorendo il sorgere di numerosi potentati locali indipendenti. La carica imperiale restò vacante dopo la deposizione di Romolo Augustolo nel 476. L'impero bizantino mantenne la sovranità nominale sui territori appartenuti all'impero d'Occidente e molte delle popolazioni germaniche che vi si erano stanziate riconobbero formalmente l'autorità del sovrano di Costantinopoli. In seguito al formarsi di regni germanici cristianizzati indipendenti, durante il VI e VII secolo, gli imperatori bizantini persero tuttavia ogni autorità effettiva in Occidente. Crebbe, al contrario, l'influenza spirituale della Chiesa d'Occidente, in particolare durante il pontificato di Gregorio I (590-604).

Il papato cominciò a opporsi alle interferenze dell'imperatore di Costantinopoli nelle questioni dottrinali e politiche della Chiesa di Roma. Il conflitto si acuì sotto il regno dell'imperatore bizantino iconoclasta Leone III (717-741), che proibì l'uso delle immagini sacre nelle cerimonie religiose causando la rottura con il papato (730-732). Sciolti i legami con la corte imperiale, il papato cominciò a nutrire l'ambizione di riportare in vita anche formalmente l'impero d'Occidente e di assumerne la guida. Priva però di una forza militare e di strutture politico-amministrative proprie, la gerarchia ecclesiastica conferì lo status imperiale alla potenza emergente in Europa occidentale, il regno dei franchi, già dimostratosi fedele alla Chiesa. Carlo Magno, salito sul trono franco nel 768, aveva dimostrato di poter ambire alla carica imperiale conquistando liberando il pontefice dalla minaccia longobarda dopo aver conquistato i domini dei longobardi nell'Italia settentrionale (773).

Il 25 dicembre dell'800 papa Leone III incoronò imperatore Carlo Magno a Roma. Questo atto stabilì un importante precedente, conferendo al papa il diritto, esercitato più o meno auterovolmente nei settecento anni successivi, di scegliere, incoronare e perfino deporre gli imperatori. Nella sua prima forma di entità politica unitaria, il risorto impero d'Occidente sopravvisse meno di venticinque anni alla morte di Carlo Magno (814); il regno del figlio e successore Ludovico I il Pio fu funestato dalla lotta fratricida tra i possibili eredi e nell'843 si arrivò alla spartizione dell'impero (per il regno franco, vedi Francia). In ogni caso, almeno formalmente, organizzazione e titolo imperiali ebbero continuità per buona parte del IX secolo entro la dinastia carolingia. Dopo il regno di Berengario I del Friuli (905-924), re d'Italia, incoronato imperatore da papa Giovanni X, il trono imperiale rimase vacante per quasi quarant'anni. In questo periodo il regno franco orientale (detto anche Germania), sotto la capace guida di Enrico I l'Uccellatore e del figlio Ottone I, si impose come il più potente d'Europa. Ottone fu un convinto alleato della Chiesa cattolica, come testimonia la guerra combattuta in favore di papa Giovanni XII contro Berengario II, re d'Italia. Nel 962 il pontefice compensò Ottone dei servigi resigli, conferendogli corona e titolo imperiali.

L'impero d'Occidente, prima come unione instabile tra i regni di Germania e d'Italia, e successivamente costituito solo da regni tedeschi, esistette da allora ininterrottamente per oltre ottocento anni. Durante la fase italo-tedesca, l'impero svolse un ruolo importante nella vicenda politico-religiosa del continente europeo. Tratto peculiare di questo periodo fu l'aspra contesa tra papi (in particolare Gregorio VII) e imperatori (nella persona di Enrico IV) per la lotta per le investiture, cui pose fine il concordato di Worms (1122) stipulato dall'imperatore Enrico V e da papa Callisto II, con il quale il primo rinunciava al diritto di investitura dei vescovi. Sebbene tutti gli imperatori fossero anche re tedeschi, i doveri e le ambizioni imperiali li portarono a trascurare gli interessi di natura locale; di conseguenza in Germania, dove avrebbe potuto sorgere uno stato forte e centralizzato di tipo moderno, come avvenne in Francia, Inghilterra e Spagna, si rafforzò l'autorità feudale, espressa in una miriade di piccoli regni. Sebbene a Worms una delle cause di tensione tra papato e impero fosse stata risolta, nel corso del XII secolo si inasprì tra i due poteri la lotta per il predominio. Nel 1157 Federico I Barbarossa designò come "sacro" l'impero da lui guidato, intendendo così accentuare il mandato religioso di cui si sentiva investito. Questo compromise le relazioni con il papato. Il suo grande antagonista papa Adriano IV, infatti, sosteneva che l'impero retto da Federico fosse un feudo di proprietà del papato, e contestava l'affermazione dell'imperatore (appoggiato dai vescovi tedeschi, molti dei quali erano suoi feudatari diretti) di aver ricevuto il titolo imperiale direttamente da Dio. Volendo ricostituire e perpetuare l'autorità dell'antico impero romano, Federico cercò di aver ragione tanto dell'insofferenza della nobiltà tedesca verso una superiore autorità politica, quanto dell'autonomia di governo dei comuni italiani. I suoi interventi armati in Italia si scontrarono con la resistenza opposta dalla Lega lombarda. La vittoria della Lega su Federico a Legnano (1176) garantì l'autonomia dei comuni, indebolendo nella penisola italiana l'autorità imperiale, restaurata parzialmente dal figlio di Federico, Enrico VI, che riuscì a imporre con le armi i propri diritti dinastici in Sicilia (1195).

Il ridimensionamento del ruolo e del potere dell'imperatore nelle vicende europee si accentuò durante il cosiddetto "grande interregno" (1254-1273). Le rivalità intorno alla successione di Federico II dopo il 1250 ebbero tra i protagonisti Corrado IV e Guglielmo d'Olanda. L'indebolimento dell'autorità imperiale favorì il papato, che dagli scontri tra i pretendenti al trono acquisì nuova forza. A partire dal 1273, con Rodolfo I, capostipite della dinastia degli Asburgo, i re tedeschi avanzarono pretese dirette al titolo imperiale, peraltro in più occasioni accolte dai papi. La carica tuttavia si era ridotta a essere poco più che onoraria, poiché istituzionalmente l'impero era andato strutturandosi come una confederazione di stati sovrani, poco coesa al proprio interno e con un'autorità imperiale soltanto nominale.

Con Ludovico IV, che assunse il titolo nel 1314, sembrò aprirsi un periodo di rinnovato prestigio dell'istituto imperiale, ma nel 1356 la promulgazione da parte di Carlo IV della Bolla d'Oro, tesa a regolarizzare la procedura per l'elezione dell'imperatore, accrebbe l'importanza dei principi elettori (a scapito del ruolo svolto dal pontefice). Di fatto, nei centocinquant'anni successivi, sempre più "tedesca" e sempre meno "universale", la figura dell'imperatore apparve dipendere sempre più dalle fortune della casa d'Asburgo. Durante il regno di Carlo V l'estensione dell'impero fu paragonabile solo a quella conosciuta sotto Carlo Magno, ma gli elementi di coesione della struttura imperiale erano ormai di natura dinastica e non più religiosa. L'idea tipicamente medievale di uno stato che esercitasse al tempo stesso l'autorità temporale e spirituale sopravvisse soltanto nella teoria, ma si era svuotata di senso con il diffondersi della Riforma protestante. L'unità dell'impero risultò indebolita quando nel 1555 la pace religiosa voluta dagli Asburgo permise a tutte le città libere e a tutti gli stati della Germania di scegliere se adottare il luteranesimo o il cattolicesimo.

Con la pace di Vestfalia (1648), che pose fine alla guerra dei Trent'anni, l'impero perse ogni autorità effettiva sugli stati membri e si ridusse a essere strumento delle mire egemoniche asburgiche. Furono avvertite come espansionismo asburgico, non come rinascita imperiale, le acquisizioni dei territori italiani nel secolo successivo. Quando invece, con la pace di Presburgo (1805), la Francia napoleonica favorì e garantì il distacco di Baviera, Baden, Württenberg e di altri principati minori, il destino del Sacro Romano Impero parve segnato: a causa dei fondati timori in merito a possibili pretese al titolo imperiale di Napoleone Bonaparte, Francesco II lo sciolse ufficialmente il 6 agosto 1806 per costituire l'impero d'Austria.