Ultima modifica: 8 Marzo 2020

Circ. n. 272 – Considerazioni sull’etica in epoca di coronavirus e messaggi di solidarietà

Cari studenti, gentili genitori,

il protrarsi dell’emergenza coronavirus porta con sé inevitabili considerazioni che vorrei condividere con voi e che attengono al piano dell’etica.

In queste settimane abbiamo assistito, purtroppo, non solo a comportamenti esemplari –  di cui parlerò dopo – ma anche meno onorevoli.

All’inizio, una generale minimizzazione del problema: si tratta di una malattia lontana, che riguarda un altro Continente, (“poveretti”, però, pensavamo con empatia), comunque tra noi e loro c’è una grande distanza e qui la malattia non arriverà.

Ebbene: siamo tutti interconnessi.  E’ un’empirica dimostrazione di quanto aveva teorizzato Stanley Milgram con la teoria dei sei gradi di separazione, poi matematicamente dimostrata e cioè che siamo tutti collegati. La malattia è arrivata anche qui,

E’ anche un’evidente prova di quanto siamo globalizzati.

Poi un generale meccanismo di rimozione, con una punta di cattiveria: si ammalano solo gli anziani.

Ma a parte che non è vero, comunque cosa significa? Come ha scritto sulle sue pagine il giornalista Vittorio Feltri, forse che un anziano vale di meno? In ogni caso, le persone fragili sono il nostro nonno, la nostra nonna, l’amico o parente che sta svolgendo una chemioterapia, colui che è stato operato da poco, insomma ognuno di noi conosce almeno una persona che non dovrebbe proprio ammalarsi e a cui siamo legati affettivamente.

Il nostro valore come esseri umani non consiste nel quanto siamo performanti. Se la pensate così, cominciate a prepararvi al momento in cui voi stessi non lo sarete più.

Per favore, studenti, genitori, non ammalatevi! Fate il possibile per impedirlo! Usate tutte le misure preventive consigliate! Non muovetevi da casa, non aggregatevi, non state troppo vicino, cercate di non farvi contagiare o evitate voi stessi inavvertitamente di trasmettere il virus agli altri.

Ed ecco una folla sul treno. Una ressa nel pub sotto casa. Cosa ci fa questa folla?! Ma non dobbiamo stare distanziati? Non dobbiamo evitare di esportare virus altrove, magari dove sono meno attrezzati o ci sono persone più esposte ad ammalarsi oppure ospedali già in difficoltà?

Anziché ascoltare le indicazioni che ci arrivano, qualcuno di noi fa di testa sua, ergendosi a giudice del proprio arbitrio, senza rendersi conto che così mette in pericolo se stesso e gli altri.

Guardate questo video e capirete perché lo dico:

https://video.repubblica.it/dossier/coronavirus-wuhan-2020/dottoressa/355299/355864

 

Questa situazione è un’applicazione sul piano sociologico di un altro principio, che sempre fa riferimento ai gradi, e cioè la teoria dei gradi di libertà di Bernstein.

Su un piano neurofisiologico, afferma Bernstein, gli esseri umani o gli animali possono attuare diverse modalità per eseguire un movimento al fine di ottenere lo stesso risultato. Nikolai Bernstein scrive: “E’ chiaro che le difficoltà di base per il coordinamento consistono proprio nella estrema abbondanza di gradi di libertà, che il centro [nervoso]  non è dapprima in grado di affrontare.”

 

 

 

 

 

 

 

 

L’abbondanza di gradi di libertà ha costituito quasi certamente un vantaggio in fase evolutiva e lo è anche nel percorso di guarigione da danni fisici – biologici per invertebrati e vertebrati, ma la difficoltà consiste, durante la crescita, nel trovare un ottimale coordinamento, in quanto l’azione motoria non può avvenire come compito del singolo muscolo. Infatti, un singolo muscolo non agisce mai in isolamento ed anzi l’intero movimento è reso possibile solo dal coordinamento di un gran numero di “centri nervosi” che cooperano tra loro.

Contrapponendo quindi la situazione di chi pensa di poter agire in modo autodiretto, come se un singolo muscolo potesse produrre un movimento, a situazioni virtuose di chi invece ha messo in campo un’azione consapevole ed in molti casi addirittura un “coraggio da leoni”, notiamo che questi ultimi hanno esercitato il loro spazio di libertà, il loro grado di libertà, accettando di trovare un coordinamento generale (per esempio, nelle Direttive impartite dalle Autorità Pubbliche, nelle norme dello Stato, in un ente superiore riconosciuto come l’OMS e l’ISS, eccetera).

Scriveva Francesco Viola nel 2008 in “Per una ridefinizione dei diritti umani”, ed.  Vita e Pensiero, disponibile in versione digitale:

«Si può parlare in senso proprio dell’esistenza di un’etica o di una politica quando ci si muove nel campo delle scelte, delle norme, degli obblighi e dei fini. Affermare che la dignità umana deve essere rispettata, che la libertà dell’uomo è inviolabile o che tutti gli uomini hanno eguali diritti non dice nulla su come ci si debba comportare in particolari situazioni, né dice molto su quali azioni siano moralmente buone o giuste.

Se presupponiamo la configurazione tradizionale dell’etica o della politica, dobbiamo riconoscere che i diritti dell’uomo non sono né un’etica compiuta, né una visione soddisfacente di una società giusta.

Hanno bisogno d’integrazioni sostanziali di vario genere, di apporti provenienti dall’esterno, cioè dalle visioni particolari della vita etica e politica. (…) Se ci accontentiamo di considerare i diritti umani come l’espressione di uno standard minimo di valori morali e politici, richiesto per accreditare l’ingresso nella cerchia delle concezioni etiche- allora essi saranno tutt’al più una condizione preliminare dell’etica e della politica, ma nulla di più.»

La nostra etica si sostanzia nelle scelte concrete che compiamo, rispetto alle circostanze ordinarie e straordinarie che attraversiamo.

«(…) La vita umana attraversa stadi diversi, che sono spesso indipendenti dalla volontà e dalla libertà. Non è in nostro potere invecchiare o meno, o essere sani. Al contempo questi stati di vita sono comuni non solo nel senso che accomunano le persone che li condividono (i giovani, le donne, gli anziani, gli handicappati…), ma anche nel senso che ognuno di noi sa che potrebbe trovarsi nella situazione degli altri e che in alcuni casi ciò avverrà in futuro. Se sono giovane, so che probabilmente diverrò anziano. Se sono sano, so che posso ammalarmi. Voglio dire che questo è il modo in cui si pone l’universalismo degli stati della vita umana e che li rende ben diversi dagli status della tradizione giuridica. Non si è eguali a prescindere dalle situazioni e dai contesti di vita in cui ci si trova, come si affermava alle origini dei diritti dell’uomo, ma proprio in ragione delle differenze.

Come si può notare, l’etica dei diritti è in grado di correggere se stessa fino a questo punto. Non più uguali nonostante le differenze, ma proprio in ragione di queste».

Perciò sono orgogliosa di tutti voi studenti, e vi sono vicina, perché state rinunciando a settimane di risate con i vostri compagni, e se forse all’inizio potrà esservi sembrata una vacanza, ora certamente i vostri amici vi mancano. Stare lontano da loro è una scelta etica, è l’esercizio di un vostro grado di libertà. Quella di sapersi anche isolare per un po’. E quando si è giovani non è facile compiere questa scelta volontariamente.

Sono vicina, siamo vicini, a chi tra di voi soffre di qualche patologia e più di altri non si deve ammalare. Chissà come è stressante continuare a sentir dire sui mass media che muoiono le persone più fragili e voi sapete di non essere proprio dei campioni di salute. Grazie per la vostra forza morale! Siete un esempio virtuoso per tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo vicini, e vorremmo far coraggio, a voi studenti che avete una famiglia in difficoltà economiche, a cui ora l’emergenza coronavirus sta rischiando di arrecare una crisi irrisolvibile. Siamo solidali con voi.

Sono, siamo, infinitamente riconoscenti a tutti i genitori che stanno lavorando nel campo della sanità e della ricerca, perché il loro strenuo e generoso – spesso non altrettanto ripagato – lavoro è la salvezza per tutti noi; grazie, figli dei genitori medici, infermieri, rianimatori, anestesisti, farmacisti, biologi e tecnici di laboratorio, che vedrete i vostri genitori ancor più raramente e sempre più affaticati: siate loro vicino, confortateli.

Abbracciamo telematicamente chi vorrebbe festeggiare una laurea di un fratello o un cugino, una sorella, una cugina e non può. Oppure programmare il matrimonio di un parente stretto. Chi tra di voi potrebbe festeggiare la sua maggiore età, e magari da tempo programmava una stupenda festa, ma non può, in questo momento, condividere la sua gioia con amici e parenti, se non in forma malinconica e dimessa.

Siamo solidali con chi non può celebrare un funerale; anche noi, sapete, siamo doppiamente in lutto, perché non possiamo svolgere il funerale della prof.ssa Finardi.

Cari studenti, so che chi si occupa dei clochard sente la vocazione di proseguire nella loro presa in carico.

Incontro per strada tanti disabili e mi immagino voi che vi occupate di loro nei progetti di volontariato, e ora vi trovate costretti con dispiacere ad interrompere la vostra azione solidale.

In una scuola grande come una piccola città, con 1150 studenti, alcuni di voi hanno genitori ammalati ed immunodepressi; chissà come siete preoccupati! Vi sono vicina.

Sono accanto agli studenti con fragilità scolastiche, che vedono diminuire i giorni per rimediare le insufficienze e si preoccupano: studiate, comunque! Leggete, esercitatevi! Siate diligenti da casa!

Sono la Preside che cammina a fianco degli studenti delle classi quinte, che paventano l’Esame di Stato. Ragazzi, ce la faremo! So che molti di voi sono al computer (anzi, qualcuno è persino più puntuale del solito in prima ora!). Sono orgogliosa di voi, studenti del Vittorini. Insieme, coraggiosamente, viviamo questo momento per crescere nella capacità di compiere scelte, sapendo leggere nei nostri concreti comportamenti il grado di impiego etico della libertà che ci è concessa.

 

 

IL DIRIGENTE SCOLASTICO

dott.ssa Albalisa Azzariti

(Firma autografa sostituita a mezzo stampa ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, c. 2, D.Lgs. n. 39/1993)

 

/aa